mercoledì 31 ottobre 2007

Dannatamente evocativo



In questa poesia... non una parola è di troppo.

domenica 28 ottobre 2007

Solo contro tutti...


Quel treno per Yuma

I western non mi hanno mai incantato e per questa ragione le mie aspettative sul film erano basse. Aggiungendoci, inoltre, che è un remake di un film del 1957 con Glenn Ford e che non ho visto, la mia indifferenza la faceva da padrona.
La trama, anche quella, è abbastanza banale: il fuorilegge di turno Ben Wade, qui interpretato da un carismatico Russell Crowe, viene acciuffato e deve essere scortato verso una destinazione che lo porterà nelle fredde braccia della giustizia. Uno dei personaggi che avrà questo compito è Dan Evans, interpretato da un Christian Bale ombroso e smagrito (seppur inavvicinabile alla cadaverica prestazione de ‘L’uomo senza sonno’), umile contadino che si presta al ruolo di carceriere per tentare di guadagnare denaro per mantenere la famiglia oramai al limite della sopportazione. Durante il viaggio ci saranno situazioni da affrontare perché gli amici fuorilegge tenteranno di salvare il loro capo, ovviamente.

Fin dalle prime scene mi girava attorno un senso di piacere in quel che vedevo da farmi dubitare che stessi vedendo un western; certo, costumi e ambientazione mi dicevano quello, ma andando oltre emerge un film costruito sul legame dei due protagonisti che se ne infischia dei contorni e focalizza l’attenzione sul cambiamento di prospettive che si verificano nel corso del viaggio. La rettitudine morale di Dan tende a schierare le simpatie dello spettatore verso di lui, ma quando il gioco si fa duro e anche Ben dimostra di avere una personalità che gli permette di capire quando se ne ha di fronte un’altra e dimostrare di essere onesto a sua volta, senza cadere in banalizzazioni, allora si accusa il colpo e ci si lascia guidare fino alla meta. Una meta nettamente meno importante del viaggio in se stesso, ricco di stravolgimenti emotivi e lastricato di situazioni nelle quali mettere alla prova la determinazione dello scopo ultimo.
Fino in fondo, il nostro Dan, ci crederà e resterà l’unico, solo contro tutti. L’unico in grado di trasformare il cuore di Ben, dando vita ad una forma di rispetto che finirà per cambiarlo, irrimediabilmente. In questo, il finale ha la sua vera ragion d’essere.
Insomma, un western che mi è piaciuto. Voto: 7.


mercoledì 24 ottobre 2007

E allora?



E allora... e allora ho poca voglia di scrivere; pochi stimoli anche se, ultimamente, qualcosa è successo che avrebbe il potere di alimentare le parole.
Aspetto il vento...


sabato 6 ottobre 2007

Musica e follia


Reign over me

Quasi controvoglia ho optato per questo film; il titolo non mi diceva molto se non un rimando ad un brano intensamente evocativo degli Who.
Pensando di annoiarmi ho iniziato a vedere questa pellicola senza troppe pretese. Il film si muove lentamente attorno ai protagonisti principali Alan e Charlie, interpretati rispettivamente da Don Cheadle e Adam Sandler (appena visto in Io vi dichiaro marito e... marito, commedia non troppo brillante) e lascia intravedere un senso di dramma. E, infatti, tale è la situazione in cui vive inconsciamente Charlie, oramai isolato dalla vita da cause che impareremo a conoscere attraverso Alan. Incontratisi per caso dopo molti anni, i due cominciano a frequentarsi; sarebbe meglio dire che Alan intuisce le difficoltà di un vecchio amico al quale decide di stare accanto e anche, forse, per staccarsi da una vita matrimoniale un po’ stretta.
Circolando per le strade di Manhattan – accompagnati da un simpatico monopattino a motore - verremo immersi in quello che risulta essere una perdita di attaccamento alla realtà in seguito all’evento americano più devastante degli ultimi anni: l’11 settembre, la cui ombra continua a distorcere ricordi e affetti negli occhi di Charlie che, per dimenticare la moglie e le tre figlie strappatigli via in quel funesto giorno, si abbandona ad un mondo fatto di musica e videogiochi, lontano da tutti, ricco di una ricchezza improvvisa a compensazione delle morti subite.
Assistiamo ad un sentimento di incondizionato affetto nei confronti di un altro essere umano, svuotato da ogni forma di egoismo e pregiudizio, ma ricco di sfumature sulle quali riflettere.
Ci si scordi l’azione, la suspense, gli effetti speciali o altre diavolerie e si osservino unicamente gli aspetti della vita che possono investire chiunque di noi, piangendo il dolore e abbracciando l’amicizia, pensando all’amore come sentimento da esaltare in tutte le sue forme e dimensioni.
Una altro merito del film, per quanto mi riguarda, è aver inserito la musica come colonna portante di tutti i momenti; una musica non presente in quanto suonata, ma come concetto, in grado di isolare e di unire allo stesso tempo, di risvegliare ricordi che mi hanno riportato a vent’anni fa, quando mi infiammavo per Springsteen. Pochi accenni e alcuni secondi di un album storico come The River hanno immalinconito questo mio cuore rock.
Invito ad ascoltare anche il brano finale che da il titolo al film: un tributo particolare suonato dai Pearl Jam con grande personalità, merito soprattutto della bellezza dell’originale.
Voto: 6 ½


venerdì 5 ottobre 2007

L’ultima Legione... purtroppo.



Ero curioso di vedere la versione cinematografica del romanzo di Manfredi. Un'aspettativa nata dalla lettura del medesimo, con divertita partecipazione e sano interesse.
In breve: Anno Domini 476. L'ultimo imperatore romano, il tredicenne Romolo Augustolo accompagnato dal suo mentore Ambrosino, viene rapito dai barbari e confinato a Capri. Siamo alla fine del glorioso Impero Romano, ma a farcene sentire ancora la forza e la potenza ci penserà un manipolo di legionari che, aiutati dall'eccezionale guerriera Livia Prisca e guidati dal comandante Aurelio, tenterà di liberare il piccolo Cesare a rischio della propria incolumità mettendo alla prova le proprie capacità.

Ora, la primissima impressione delle primissime scene è che la produzione non abbia puntato tutte le risorse sull'atmosfera che può evocare un film storico, tenendo presente che si parla dell'Impero Romano; sembra di assistere ad un film di serie B con tutta l'artificiosità del genere senza il tocco originale di un Quentin di turno. Mi lascia perplesso, ma, dopotutto, ricordo che nel romanzo l'azione era lasciata più alla fisicità degli eventi che alla geografia dei luoghi. Col prosieguo della storia mi si consolida il pensiero di mancanza di personalità e continuo la visione senza partecipazione alle vicende che si susseguono (tenendo presente che ho letto il libro e con ancora in mente lo sviluppo della trama); il ruolo del solido comandante è affidato a Colin Firth, che per quanto io abbia apprezzato in altri film, proprio non ce l'ha la faccia del fiero combattente; e neanche il carisma, o almeno non l'ha ancora dimostrato. Questa considerazione mi pesa per tutto il film e, probabilmente, è da qui che nasce la sensazione di poco impegno da parte di chi puntava sul buon esito del film. E ci aggiungo la prova abbastanza scialba di un veterano del cinema come Ben kingsley e l'inespressività del giovane Cesare.
La regia mi è sembrata fredda e senza coinvolgimento per l'intera vicenda narrata, estranea.
Ogni tanto si respira un tocco di fantastico che si lascia osservare con gli occhi dell'immaginazione e che non mancherà di stuzzicare le fantasie di chi saprà coglierne i riferimenti. Il finale, comunque, si riserva il merito di instillarne l'interesse. Voto: 5