giovedì 27 settembre 2007

Finestre e Spiragli



Un’altra finestra si chiude alle spalle, vacanze terminate. Tre settimane trascorse beatamente oziando a Minorca ospitato da mio fratello e famiglia. Il tempo ha attraversato tutti i suoi umori, regalando gialli sorrisi carichi di amore e grigie nuvole seminatrici di pioggia; un ventaglio di colori che ha donato la possibilità di abbronzarsi in spiaggia, passeggiare per Ciutadella, tra le grotte di Cala Morell e, persino, andare a cavallo al limitar del mare.

Uno scorcio di tempo che restituisce - instancabilmente - la voce della Natura, il respiro delle stelle e un senso di appartenenza a tutto ciò da farmi dimenticare di essere solamente uomo, ma parte integrante dell'intero meccanismo; la serenità di questi momenti è un toccasana per la mente e si ribella alle continue e noiose pressioni di Milano, città in grado di offrire tutto chiedendo in cambio solo una misera cosa: se stessi.

Non ci sto più a questo gioco metropolitano di sottrazione di emozioni, colori, respiri e percezioni che fiacca inesorabilmente lo spirito portandolo a seguire una corrente non stabilita da me; in questo mi sento salmone - e sempre mi ci sentirò - quando ad essere intaccate sono le idee e la propria soggettività di individuo.
Questo ultimo anno è stato molto proficuo in tal senso e ha rafforzato le mie convinzioni, dandomi modo di scegliere, nel mio piccolo, percorsi poco battuti (non per questo meno emozionanti) e impervi agli occhi dei più, offrendomi frutti dimenticati, ma sempre succosi... estremamente succosi, in attesa di essere colti.

Così, per una finestra che si chiude, c'è uno spiraglio che si apre di fronte al mio sentire, nella viva speranza di spalancarlo verso il vivere, tutto.

giovedì 6 settembre 2007

Cuore grigio



Creature grigio-scure e imponenti ci iniziamo alla loro verità: sono gli uomini drago che portano violenza e distruzione in un’epoca che si svolge 600 anni prima di Colombo. Quello che segue è leggenda. Un bianco silenzio di neve accompagna una donna indiana fino alla scoperta di uno spaventato bambino bianco, fragile e minuto, che si nasconde tra cadaveri e rocce. Preso con sé e portato al villaggio verrà cresciuto come parte integrante della tribù. Fantasma, così soprannominato, oramai adulto assiste allo sterminio della sua nuova gente ad opera di imponenti e crudeli guerrieri, gli stessi che l’hanno abbandonato da piccolo, Vichinghi. L’unica cosa che gli rimane da fare è fuggire. Comincia la caccia all’uomo. E comincia anche la vendetta che porterà altra morte e altro sangue tingendo di rosso le innevate cime. Tra agguati e combattimenti si susseguono gli eventi fino alla cattura del protagonista che sarà costretto a guidare i barbari, in cerca di razzie, verso passi rocciosi e montagne in cerca di popoli da sterminare.
Lento e senza brio il film non conquista. Freddo come i colori grigio cenere che lo animano non trova contatto con chi guarda; difficile immedesimarsi e provare pietà per le vicende nonostante le atrocità siano molte. Unico punto di apprezzamento sono i rudi Vichinghi rappresentati in tutta la loro ferocia dalle spade e armature puntute e cazzute. E’ un piacere guardarli distruggere tutto senza neanche vederli in volto, coperti da elmi cornuti e a cavallo di stalloni potenti. Voto 5


Papà Orco


Shrek terzo (2007)

Ritorna sul grande schermo il simpatico Orco che ha fatto divertire milioni di bambini, e non solo; ad accompagnarlo il fidatissimo Ciuchino e Gatto con gli stivali, compagni di sventura. Si parte in quarta cominciando dalle sfortune del principe Azzurro caduto in disgrazia, alle regalità di palazzo dove Sir Shrek e la Principessa Fiona fanno il loro ingresso in un susseguirsi di eventi catastrofici, che non faticheranno a strappare risate ai più piccoli e nemmeno ai più grandi.

La storia vera comincia con la divertente dipartita di Re Harold, che in punto di morte consegna la successione al trono nelle mani di Shrek; sentendosi inadeguato al ruolo, l’Orco parte alla ricerca di Arthur, colui che potrà degnamente rimpiazzarlo. La fresca notizia che presto diventerà padre non lo trattiene affatto dalla missione, facendogli vivere qualche sogno non propriamente piacevole. Attraverso un susseguirsi di eventi Shrek avrà a che fare con situazioni che lo metteranno in contatto con altri personaggi classici delle favole più conosciute (buoni e cattivi, da uno strampalato Merlino ad un truce(?) Capitan Uncino) fino al suo rientro, accompagnato dallo sfigato Arthur, dove ad attenderlo ci sarà uno stravolgimento del regno di molto, molto lontano. Ora le cose sono cambiate e il potere è detenuto da una vecchia conoscenza (e compari) che farà di tutto per avere la meglio sul malcapitato faccione verde, tra scorribande e atti criminali. Un faccione, quello proiettato davanti ai nostri occhi, impreziosito da uno sguardo sornione ma acuto, pacato ma attento e che, grazie all’evoluzione tecnologica dell’animazione, acquista sempre più fattezze ed espressioni umane. Un personaggio in grado di contare sulle proprie forze e che rivolge l’oltraggioso ghigno verso ideali di lealtà, amicizia e fratellanza, nascosti sotto movenze non proprio delicate, ma cariche di simpatia. Si fatica a credere sia solo un cartone animato.

Shrek e Fiona sono, in questo terzo episodio, meno protagonisti del solito e i personaggi minori (ma non troppo) si contendono la scena a gomitate, riuscendo a far emergere personalità ricche di umorismo che nulla sottraggono alla regale coppia, anzi. Papà Shrek chiude il film felice e contento in compagnia dei suoi agitati marmocchi, con il regno affidato alla cura di buone mani. In conclusione, un film da vedere allegramente con figli, nipoti, fratelli o amici, per ridere assieme e spensieratamente di un’avventura che riesce a conquistare. Voto: 7.


Liberamente Gabbiano



Potrei scrivere un commento fatto di più parole rispetto a quante ce ne sono nel libro, che risulta essere brevissimo. Ma l'intensità e il senso di libertà che è in grado di evocare raggiungono vette altissime che possono essere scalate solo da chi ha la capacità di volare, appunto, come Jonathan. Va riletto una volta ogni tanto per restituirci un po' di benessere.

Con la merda in bocca


Fast Food Nation (2007)

La pellicola apre le porte allo spettatore mostrando l'interno del Tempio culinario americano, un Fast Food: lo slow motion tra giovani sorridenti e famiglie felici, che fanno tanto USA, sfuma presto verso la notte messicana vestita d'inquietudine dipinta sui volti del gruppo di persone che ci troviamo di fronte. Uomini e donne che lasciano il proprio paese per andare alla scoperta di nuove opportunità che non c'è dato di conoscere, ma che forse intuiamo essere ricerca di felicità(?). Eppure queste due realtà, lontane in apparenza, sono profondamente legate tra loro come luce e buio. Due estremità dello stesso mostro: la parte in alto che gestisce vite umane, che arricchisce impoverendo nell'anima, e la parte in basso, povera e disperata, che produce per necessità e destinata ad essere mangiata (situazione resa dal sacrificio di una delle protagoniste che deve trovare lavoro). Partendo da un caso di carne contaminata e della ricerca delle cause, quelle raccontate sono semplici storie di vita quotidiana affrontate senza false lacrime e con l'intento di svelare il sottile filo conduttore che le unisce. Nel mezzo, lavoratori sfruttati e in penose condizioni di sicurezza tra tute bianche e sangue di bestie macellate, a rischiare la vita per riuscire a produrre più in fretta. Girando attorno alla produzione di Hamburger per il florido mercato dei Fast Food, assistiamo alla messa in scena di stralci di vissuto, riguardanti lo stesso mondo: Il mio titolo, non a caso, è illuminante in questo senso. Da plauso la scena al ristorante che vede seduti di fronte il protagonista Don Henderson, interpretato dal sempre bravo Greg Kinnear, e Bruce Willis in un cameo che lo vede vestire i panni di un amico intento a dire la sua su quello che ha causato la contaminazione della carne; risulta talmente convincente da lasciarsi quasi trascinare ad abbracciare la sua verità che, per quanto parte di un meccanismo presente nella vita di tutti i giorni, rappresenta la vera radice da sradicare. In questi casi, guai dare ascolto al carisma altrui, ma ragionare sempre e solo con la propria testa, dando per assodato di possederne una, s'intende.

Il film - a mio avviso - polemico, si risparmia l'intento di dare insegnamenti in proposito lasciando allo spettatore il compito di osservare bene ogni meccanismo presente e farsi un quadro tutto proprio. Emblematico il fermo immagine finale che sintetizza, in un semplice frammento, e chiude il cerchio aperto all'inizio. Verso la fine è presente una scena cruda, nel mattatoio: non per tutti. Voto: 6 ½.

Morire in diretta


Vacancy - "In certi motel nessuno sopravvive più di una notte" -. (2007)

E' capitato, durante la settimana centrale d'Agosto, di vedere questo film. Un thriller interpretato dal simpatico Luke Wilson e dalla bella Kate Beckinsale, impegnati a vestire i panni di una coppia vicina alla crisi affettiva. I due, in viaggio, costretti a fermarsi per un guasto all'auto, raggiungono - a piedi - l'unico motel della zona. L'accoglienza non è delle migliori: urla strazianti dal locale dietro la reception accolgono i due giovani, rassicurati dal (inquietante) proprietario che ha un telecomando in mano; la televisione tira brutti scherzi! Benchè titubanti, decidono di fermarsi per la notte e da quel momento vivranno situazioni da non consigliare a nessuno, dove la paura o il senso del terrore la faranno da padrone. Già, quello che i nostri (inconsapevolmente) stanno per vivere è l'appuntamento con il puro divertimento orchestrato da qualcuno che prova piacere a filmare le proprie vittime mentre l'atto criminale si compie. Snuff-movie in azione e non occasionale, come sarà dimostrato dalle decine (centinaia?) di videocassette custodite proprio in quel locale dietro la reception che aveva spalancato le porte a quest'avventura filmata per il piacere di spettatori anonimi. Tutto si svolge prevalentemente all'interno della camera presa in affitto, dove le prime avvisaglie di quello che sta per succedere sono date da un insistente e ossessivo bussare dalla camera di fianco e dalla televisione accesa per passare il tempo(?); le immagini riproposte sono quelle dell'ultima videocassetta inserita (da chi?) che contiene scene di violenza estrema. Ma qualcosa non torna! Le pareti, i letti, i colori, il mobilio, sono esattamente identici a quelli della camera in cui si trovano i due sfortunati clienti. Coincidenza? Non la pensano così le figure mascherate che si aggirano intorno al motel. Da qui in poi saranno incubo e spirito di sopravvivenza a far proseguire il film, che per rispetto di chi lo vedrà non commento. Una cosa mi sento di dire, però: la follia di quello che accade è data dalla perversa malvagità di chi ricava gioia dall'osservare - in diretta - la sofferenza altrui. Quella stessa sofferenza che noi amiamo vedere in film come questi da parte dei protagonisti. Inquietante!

L'argomento trattato non è propriamente di quelli che preferisco; la mia curiosità era concentrata più sul protagonista, qui alle prese con un ruolo serio, che sulla storia in se stessa ricca in abbondanza di stereotipi cari all'immaginario del brivido: la notte, il luogo desolato, nessun aiuto in cui sperare, figure d'ombra che si aggirano e chi più ne ha più ne metta. Tutto sommato il buon Luke lo preferisco nei ruoli da commedia - anche se non arriverà mai alle punte di irriverente comicità del fratello Owen (stesso DNA, diverso talento) -, ma gli auguro di proseguire se si sente ispirato. Non pongo mai limiti alla creatività di un'artista, a patto che esprima arte e non banalità. Insomma, la pellicola è un intrattenimento per chi non pretende nulla d'originale o minimamente diverso dal già conosciuto, ma per chi vuole trascorrere, strettamente abbracciato al cuscino, qualche momento di terribile piacere(?). Voto: 6-.


Un primo piccolo salto

Come ogni giorno cerco di salvare il mondo. E come ogni giorno, non ci riesco. Chiaro, non tutti i super eroi ce la fanno e visto che qualcosa devo pur fare, scrivo! (meglio dire che faccio finta, ma illudiamoci)
Di qualcosa e di niente, senza senso o forse no, ma scrivo. E' un modo eccellente per ritrovare serenità, concentrazione e piacere e che consiglio vivamente alle persone che hanno energie da buttar via. Meno cazzeggio e più sostanza!
Mai avrei pensato di inserire le mie parole in un blog; tutto è nato splendidamente per caso quando ho cambiato sede di lavoro e l'ispirazione ha avuto una fase di sedimentazione nel corso di quest'ultimo anno vissuto pericolosamente schivando mezzi pubblici. Sono sempre stato un sostenitore di: "Da qualche parte una farfalla batte le ali e mette in moto un meccanismo irreversibile dalle conseguenze imprevedibili" e mai come questa volta frase fu più azzeccata.
Non mi è mai piaciuto stare sul tram o in metropolitana con le mani in mano (mi deprime) e così, oltre al lettore mp3 per l'irrinunciabile musica (guai senza), ho messo in saccoccia anche un libro. Erano anni - molti anni - che non leggevo un romanzo, con cuore. Mea culpa! Credo fosse uno di Valerio Manfredi - L'Impero dei draghi -, il primo che leggevo di quest'autore, e tra un'andata e un ritorno, una salita e una discesa, col sole o con la pioggia, le pagine cominciavano a prendere forma nel mio immaginario. Sapete come succede, no? Chiudi il libro, ti dedichi ad altro e intanto una vocina t'incita insistentemente a riprendere la lettura perché - e che diamine! - ti piace. Bene, era esattamente quello che provavo e più crescevano le pagine più mi sentivo euforico, di quella sana euforia che devi confidare a qualcuno, ma che - come dannatamente e puntualmente accade quando ti serve -, fatichi a trovare. Non c'era uno straccio di collega o amico che si stesse dedicando alla lettura in quel periodo, tranne mio fratello Max; che, però, se la spassa beatamente a qualche chilometro di distanza: tra i colori di Minorca (argh!), da 6 anni. Da quel momento, avendo anche trovato un compagno di letture, l'entusiasmo è sempre cresciuto catapultandomi in ore e ore di recensioni, Forum, librerie, ordini on-line (ah, che ottimo cliente sono diventato per loro), pacchi postali consegnati a casa con il rito dell'apertura selvaggia e lo stupore delle copertine, scambi d'opinioni e meravigliosi profumi di carta. Annusare un libro nuovo è una festa per la fantasia.
Non sono a lodare il libro, ma la strepitosa capacità di lasciarsi rapire e conquistare, senza freni inibitori e con la necessaria audacia di chi molla tutto per esplorare nuove luci, senza nessuna traccia di autocompiacimento, ma solo con una gran sete di orizzonti diversi. Dottor Books e Mr.Ax: in questa mia trasformazione, dove ritrovai - f i n a l m e n t e - il sense of wonder, non contò tanto il libro citato, comuque piacevole, quanto l'attimo esatto in cui l'immaginazione venne agganciata dal vortice delle parole scritte e trascinata beatamente (e beotamente) in una sorta di carreggiata autostradale percorsa da personaggi, trame, sentimenti, battaglie, amori, sensazioni, divertimento, fantasie, e tante, tantissime storie. E lì in mezzo senza stop, limitatori di velocità, caselli e autovelox, venni trapassato da ognuno di essi senza dover tentare di schivarli, anzi dandomi da fare per cercare di spostarmi velocemente col desiderio di essere preso in pieno. Un bagno di sangue! Un bagno, però, dove il sangue era alimentato dalla forza delle pagine e per il quale non avevo bisogno di soccorsi. L'incidente più incisivo della mia vita di lettore; un incidente che ha lasciato - con la speranza che continui a farlo - traumi e cicatrici su tutta l'immaginazione, ben visibili e con il preciso scopo di ricordarmi ciò che è in grado di scuotere le mie fondamenta così prepotentemente da farmi dubitare di esistere e di poter essere, a mia volta, un personaggio di qualche racconto. Magari scritto da un me stesso che non conosco ancora.
Se vi dovesse capitare di restare fermi in autostrada, fatemi un fischio. Arriverò con un autoarticolato carico di libri e felice di soccorrervi. Tranquilli, non mi azzardo ad investirvi. Per il momento.
Dalla lettura allo scrivere, anzi, al divertimento di scrivere, il passo è stato completamente... spontaneo; volevo usare la parola indolore, ma ci ho ripensato poiché così non è stato. Un dolore spiattellato in faccia con crudezza - dal sottoscritto - che si è rivelato con le fattezze di un'amara verità: non ho mai scritto prima, e si vede! Eccome se si vede! Zoppico con la grammatica, la punteggiatura, sostantivi, verbi e avverbi, sinonimi e contrati e tutto quanto serve a trasformare i pensieri dalla tavolozza alla tela per dipingere un bel quadro, o almeno passabile. Certo, riesco a farmi capire, ma ad un attento esame il castello viene giù con un soffio, foss'anche solo un sospiro. Un castello - questo - le cui pareti, segrete, cortili e giardini hanno, sì un disegno, una forma (contorta!), ma senza una certa grazia in grado di catturare l'occhio. Per ora! L'unica certezza è che lo faccio per le semplici motivazioni che ho scritto all'inizio, non certo per insegnare nulla a qualcuno o affabulare chicchessia; con l'umiltà a guidami e con la speranza di migliorare nel tempo come i buoni vini, e non diventare aceto. Si migliora anche in modo creativamente passivo, se mi si passa il concetto, e cioè leggendo: ah, quanto ho imparato da quando ne ho preso coscienza! (a mio avviso, la coscienza è una delle chiavi. Forse, l'unica vera miccia che può farti saltare le chiappe) Ha risvegliato l'interesse per un arte che va fatta propria, che deve diventare amica, una compagna per tutte le stagioni: la lettura! E alla scintilla che si fa strada lentamente in ogni sentiero della fantasia, pronta a riaccendere l'interesse per il tutto; non mi riferisco all'ultimo best seller (non me ne voglia) in testa alle classifiche da leggere assolutamente (caro, ma come... non l'hai ancora letto?) altrimenti sei out. Non so voi, ma personalmente non lascio gestire le mie scelte a chi deve vendere, ma alla mia sensibilità e capacità di poter decidere sempre e comunque.
E alla fine atterro qui, dentro un blog che fatico ancora a capire a cosa serva e come si usi e con quale criteri, ma che sto cominciando ad apprezzare profondamente come fosse pollo arrosto con contorno di patate al forno, una prelibatezza per il mio palato: questo è diventato il mio primissimo esperimento, tra paure (soprattutto incoscienza) e grandi speranze, e voi ne siete  testimoni e cavie. E dai, da qualcosa debbo pure partire, no? Non rinfacciatemelo!
Ah, dimenticavo: dopo il primo libro, ne sono seguiti altri, e molti ancora sono in attesa di essere respirati.

Get on top, really let me groove baby with uh just a little bit of Spanish Castle Magic.(J.Hendrix)
Un altro modo di affrontare la paura. Un abbraccio al 'Tapito'.