mercoledì 30 gennaio 2008

Euronics on line: sconsigliatissimo

Il televisore di mia madre si è rotto. Decido di comprarne uno nuovo e, come spesso capita, la prima occhiata la do ai negozi on line perché offrono maggiore scelta, dati tecnici, prezzi e altre informazioni. Trovo un sito che vende un 29” catodico, caratteristiche interessanti, marca DAEWOO e nero – lo volevo di questo colore: sulla marca decido di soprassedere perché conosco mia madre e una vale l’altra.
Prezzo 292,00 €.

Bene, decido di fare l’ordine e scelgo il sito di EURONICS – un nome conosciutissimo il cui slogan è ‘I grandi negozi d’Europa’, una garanzia mi dico – perché ha il prezzo più basso di tutti e offre la consegna a domicilio tramite corriere al costo di soli(?) 30€.
Nella compilazione del form scelgo consegna in mattinata - perché loro hanno bisogno di saperlo - e faccio l’ordine. Tutto regolare.
So, e l’ho sempre saputo, che il punto debole di questi megastore è il servizio clienti. Decido di testarlo subito scrivendo al famoso
Contattaci per chiedere se la consegna può essere effettuata al piano 3 del palazzo, perché mio padre, anziano, è sulla sedia a rotelle.
La risposta è lapidaria: "
Gentile Cliente, La informiamo che la consegna al piano è prevista per ordini di peso non superiore a15 kg."; il televisone ne pesa 50. Come dire: non ce ne frega niente delle condizioni di tuo padre e… copia e incolla di un sicuro form per queste domande.
La mia prima impressione non è delle migliori.
Il giorno della consegna prendo mezza giornata - la mattina, dato che loro me lo avevano chiesto - di permesso dall’ufficio per arrangiarmi. Alle ore 13:00 ancora nulla. Torno in ufficio - tanto il tempo lo regalano a me! - e dopo un paio d’ore mia madre mi avvisa che hanno consegnato il televisore: ore 15:30.
Seconda impressione: l'affidabilità e gli impegni sono un extra per Euronics. Triste.
Al rientro a casa apro lo scatolone, sollevo 50 Kg, e – mea culpa, lo monto e inizializzo –, nel farlo, mi rendo conto che non è del colore scelto da me ma grigio.
Terza impressione: ma una cazzo di Mail o telefonata per avvisarmi, no eh?!? P
essima gestione del cliente. Magari avrei anche accettato questo colore, ma con i se ci si fanno tante cose tranne quelle che servono.
Spazientito scrivo una mail per chiedere spiegazioni e nel mentre riguardo il sito per vedere il modello corretto: non c’è più il televisore in vendita. Toh, le coincidenze! Hanno aspettato me per toglierlo dal loro sito.
Risposta: “
Gentilissimo Cliente,
La informiamo che deve inviarci il modulo di "difetto di conformità" che trova nella sezione Informazioni alla voce "I tuoi diritti" in fondo alla pagina. Successivamente verrà ricontattato per la sostituzione.


Di scuse – il minimo in questi casi - non se ne parla nemmeno! Pazzesco. Ma credono di avere a che fare con degli esseri lobotomizzati? Magari gli stessi che allevano per rispondere alle problematiche. Non è neanche colpa loro dato che prendono direttive da chi li gestisce, da quelli pagati per mantenere le relazioni con i clienti. Pazzesco due volte!

Si consideri bene che era il primissimo ordine di un loro nuovo cliente.
Quarta impressione: gli piace perdere i clienti evidentemente, e ci sono abituati. Triste, molto triste che la professionalità di un nome così noto non esista.


Mi spiace, ma con me hanno vita breve gli incompetenti che nel giro di un paio di giorni commettono così tanti errori tecnici e di relazioni; umane mi permetto di dire.
Ho risposto piccato con quanto segue:
Buongiorno,
rispondo alla Vostra risposta alla mia problematica.

Sarò onesto: l’errore stesso e la successiva mancanza di scuse - a fronte di un Vostro errore nei confronti del cliente - non mi fa una buona impressione e, anzi, mi fa pensare che per Voi sia normale amministrazione; soprattutto considerando che era il mio primissimo ordine, e sicuramente l’ultimo.

Non ho tempo e pazienza da perdere per un cambio - mio fratello, non sapendo della questione sul colore e fidandosi del nome EURONICS, ha provveduto oramai a montare il televisore; e rifare la stessa cosa per 4 volte, riconsegna compresa, non è affatto divertente -, di conseguenza mi faccio andare bene questo, ma vi informo semplicemente che Vi siete guadagnati, ai miei occhi, una pubblicità negativa che riporterò sul giornale per il quale scrivo, sui siti che gestisco, e nelle valutazioni sui negozi che si possono fare in giro per la rete di Internet. Come Voi mi insegnate: il passaparola è la migliore pubblicità.
E la chiudo qui.

Piccola postilla da tenere in considerazione per clienti presenti e futuri: se in fase di ordine fate scegliere la fascia d'orario per la consegna - nel mio caso la mattina - sarebbe utile rispettarla e non consegnare la merce nell'altra fascia - nel mio caso pomeriggio (consegna ore 15:30). Ho dovuto prendere mezza giornata di permesso dall'ufficio, inutilmente. Per alcuni, il tempo è prezioso.

Senza rancore, auguro a chiunque mi leggerà una buona giornata.

Grazie per l'attenzione.
Alex.


Nessuna risposta da parte loro. Significativo, e molto.

Quello che ho scritto è sotto gli occhi di tutti e ognuno tragga le proprie conclusioni, ma non chiedetemi di consigliarvi EURONICS, mai - almeno quello on line -, perché potrei guardarvi in cagnesco. Io che di acquisti on line ne faccio a valanghe...
Questo intervento è un tentativo di denuncia verso tutti coloro i quali considerano i clienti unicamente come dati anagrafici, non curando minimamente l'aspetto relazione e dimenticando le regole base del rispetto. Sono conscio che sono parole al vento, ma magari qualcuno di voi ci è già passato e alza la testa.

Avrei preferito inserire il link a quello in vendita da Euronics, ma come avete letto, un paio di giorni dopo averlo comprato è sparito. Mah, questa tecnologia imperante.
Il televisore è questo, anzi doveva essere questo: DAEWOO

domenica 20 gennaio 2008

Violenza, Morte e Vita


American Gangster

La presentazione dei due protagonisti arriva a muso duro e lascia subito intendere che la violenza ci farà compagnia nel corso di questa storia e che, come riporta la locandina, si tratta di realtà storica.
Siamo agli inizi degli anni 70 e Frank Lucas (Denzel Washington, freddamente spregiudicato) ha da poco perso il ruolo di autista per un boss del quartiere e comincia a pensare al suo futuro. La sua ascesa lo porterà ad essere uno dei maggiori venditori di droga in New York, con la complicità della polizia e della guerra nel Vietnam.
Questa scalata avviene in modo sotterraneo e totalmente indipendente e passa inosservata davanti agli occhi della Legge, impersonata da Richie Roberts (Russell Crowe, caparbiamente onesto), e che quasi per caso riesce a trovare un aggancio per fermare questo cerchio di potere che sembra allargarsi a macchia d’olio.

La partenza frammentaria e a sbalzi di questo film tiene legata una storia fatta di violenza e di potere, di perseveranza e di onestà, di corruzione e di indagini.
Ci viene mostrata la bella vita di chi questa vita se la compra a spese degli altri e di chi, invece, arranca per sopravvivere nel fiume di male che si annida intorno al proprio mestiere; l’onestà difficilmente paga.
Le mie impressioni sono positive, ma accompagnate da un senso di distacco non indifferente.
Non ho sentito scattare quel click che mi cattura nella dimensione del tempo in cui si svolge la storia. Lo dico perché per altri film sul genere così è stato (vedi Quei bravi ragazzi, C’era una volta in Ameirca) e ne ho colto l’intero fascino.
Qui la violenza si vede – anche se a piccole dosi - più che sentirla e ho preferito il ruolo sporco di Crowe a quello più calibrato di Washington. Voto: 6 ½




Il film narra la vicenda di due malati terminali che decidono di trascorrere l’ultimo periodo in vita facendo quello che hanno sempre desiderato ma mai messo in pratica.
Il primo, Carter, un Morgan Freeman tranquillo, è un meccanico con famiglia, credente e buono; il secondo, Edward, un Jack Nicholson sornione e iroso, è un uomo ricchissimo, divorziato e ateo. Nella stanza dell’ospedale - di proprietà di Edward – cominciano a conoscersi, e quasi per gioco decidono di stilare una lista dei desideri da realizzare prima di arrivare al capolinea. I soldi di Edward saranno la garanzia per poterne esaudire molti.
E che l’avventura abbia inizio.

I due partono per il viaggio alla ricerca dei loro sogni e si scambiano le proprie storie e le proprie filosofie.  Ma sebbene per Carter tutto ciò rappresenti un colmare le esperienze che la vita gli ha sottratto durante gli anni in cui si è occupato della propria famiglia, così non è per Edward, che ci vede solo un divertimento ulteriore a quello che già aveva quando era sposato. A tal proposito si scopre che quest’ultimo ha una figlia che non vede da parecchio tempo.

L’avvicendarsi delle situazioni evidenzierà un cambiamento interiore per uno dei due, rivelato prepotentemente alla fine dell’avventura e che segnerà profondamente la sua vita.

Mi sono commosso per la situazione drammatica dei due uomini e divertito per il loro tentativo di esorcizzarla, scegliendo di morire vivendo piuttosto che il contrario. Mi è piaciuta la coppia di attori messi in campo, due modi di fare che sono agli antipodi ma accomunati da un forte carisma. Mi hanno divertito le frecciate di Nicholson e la cultura stradaiola di Freeman.

Mi ha lasciato un po’ meno soddisfatto il dosaggio calibrato e (quasi) studiato dei momenti comici e di quelli tragici, e soprattutto il quasi scontato happy ending: durante la visione ci si rende conto che il film è costruito per fare breccia mirando direttamente alla facile emozione.

A conti fatti, però, preferisco film di questo stampo, dove si punta alla realizzazione della propria umanità nelle relazioni con se stessi e con gli altri, anche attraverso situazioni scontate, piuttosto che film dove l’unico intento è intrattenere e stupire con azione, effetti speciali e messaggi – neanche tanto nascosti – che mirano alla violenza gratuita e alla disumanizzazione. Voto: 7+


Into the Wild
Voto: Alto perché nessuno numero può avvciniarsi al coraggio del protagonista.

domenica 13 gennaio 2008

Solitario



Solitario di una solitudine che imprigiona il cuore.
Questo è ciò che si respira nell’ennesima trasposizione cinematografica de “I am Legend”, romanzo di Richard Matheson del 1954, entrato nella leggenda a sua volta.
Siamo tra i confini della fantascienza post-apocalittica, dove tutto è stato perso e rimane solo un futuro da costruire. Un futuro, però, difficilmente immaginabile per Robert Neville (Will Smith), che si ritrova unico sopravvissuto umano a doverne costruire le basi. Intorno a lui solo creature, un tempo umane, che a causa di un virus si sono trasformate in una sorta di vampiri notturni, attirati unicamente dal sangue e allergici alla luce del sole. Nonostante questo, il protagonista – uno Smith serio e dai toni trattenuti nonostante il fisico imponente - ha la forza, la convinzione, la speranza, la fede e la fermezza di crederci, isolato in una città deserta resa benissimo dal set e dominante sulla vita di tutti i giorni; in situazioni del genere sono requisiti fondamentali per non lasciarsi andare ad una morte più facile. La vera resistenza messa in campo è quella psicologica, di chi non si arrende e continua a credere di poter cambiare le cose, di chi continua a cercare rapporti umani anche con chi umano non è – i manichini dei negozi ne sono la testimonianza -, per non dimenticare da dove viene e non lasciarsi tentare dalla follia, accompagnato da Sam, cane lupo sopravvissuto al disastro.
Nonostante la grandiosità dell’evento verificatosi, l’approccio agli avvenimenti è intimista, silenzioso, fatto di due o tre momenti che toccano le corde dell’emozione: l’appuntamento giornaliero al porto, Sam, e il messaggio di Bob Marley; ognuno di essi rappresenta un gesto d’amore per il prossimo, per la vita, e per la speranza.
La seconda metà del film, invece, è più fisica e con un finale che sarebbe stato meglio eliminare.
Voto: 7 ½