lunedì 31 dicembre 2007

Follie violente


Travolgente come proiettili, di quelli che squartano un corpo come fosse burro, maledetto come i personaggi che lo abitano e crudele come solo il bene più sfrenato può esserlo, spietato alla Tarantino e dinamico alla Guy Ritchie. Questo è Smokin' Aces, film snobbato per pigrizia e visto per caso, pieno di attori famosi (Ray Liotta, Andy Garcia, Ben Affleck) e meno famosi (Ryan Reynolds, Jason Bateman, Jeremy Piven), compatto e solido come cemento, si presenta agli occhi di chi guarda senza paura di sembrare estremo, puntando il dito proprio al cervello e tirando in ballo il cuore nel finale, breve e coraggioso, che vede tutti perdere e nessuno vincere; forse.

Ricco di parti per tutti i gusti, dalla nazi follia al killer trasformista, dal dovere di chi protegge alla stranezza di chi vive isolato e abbandonato, dal lucido direttore delle operazioni al dolore di chi perde tutto, da chi è in cima al mondo e si ritrova praticamente nel nulla. Questa è una corsa a chi arriva primo nel compiere la propria azione, per cosa? Per un maledettissimo e dannatissimo modo di acquisire informazioni che determinerà l'autostrada di morti che ci viene regalata, alimenterà la tensione per stabilire un vincitore, e stuzzicherà la voglia di capire perché tutto questo è dovuto succedere. Alla fine ognuno di noi trarrà le proprie conclusioni per capire da che parte sta il bene. Voto: 7 ½

Leoni per Agnelli


3 storie apparentemente separate e brevi ci offrono uno sguardo spassionato sulle insidie di politica e guerra. Spassionato perché la scelta di capire se il male sia intrinsecamente legato a questi mondi viene raccolta nello sviluppo degli eventi e mostrata ai nostri occhi da Redford, senza intento di far pendere l'ago della bilancia da una parte piuttosto che da un’altra. Quello che mi sembra chiaro, però, è che nessuna azione può essere slegata dal tutto anche quando crediamo il contrario. Il confronto tra la giornalista interpretata da Meryl Streep e il giovane Senatore Jasper Irving (un convincente Tom Cruise) ci mostra un tavolo dove il gioco è basato su strategie verbali e mosse politiche per convincere il popolo della necessità di certe scelte, sottili ed efficaci, proprio mentre sul campo viene giocata la vera partita, cruda e senza mezze misure, figlia di quelle decisioni prese con un accattivante sorriso. La consapevolezza della giornalista offre spunti da tenere in considerazione, così come la domanda che nasce tra i due giovani seduti sul divano nella scena finale. Voto: 6 ½

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Quando l'ho visto mi è subito entrato nel sangue. Mi piace questo tipo di stile registico e che ha subito presa entrando con prepotenza nella storia che racconta. Mi sono piaciuti tutti gli attori, compresi quei fulminati nazi fuori di testa.

Buon Anno,
Sergio.

by Ax ha detto...

Confesso che la prima volta l'ho abbandonato dopo mezz'ora: non era il momento.
Poi, quasi per levarmelo dalle scatole, l'ho guardato ed è stata una piacevolissima visione. Il ritmo è alto e l'interesse resta vivo.

Anonimo ha detto...

Leoni per Agnelli l'ho visto e mi sono un po' annoiata. È lento e non succede poi molto, a parte la tragedia dei due ragazzi.
ciao.

by Ax ha detto...

@Sara
Capisco quello che intendi, compreso il discorso sulla lentezza.
Penso, comunque, gli si debba riservare un diverso modo di porsi rispetto ai film d'azione che vanno per la maggiore e, aggiungerei, più effettistici.
L'azione che si svolge davanti ai nostri occhi è quella politica, delle decisioni teoriche, in grado di trasformare una personalità e piegarla al servizio di un risultato fine a se stesso, senza veramente considerare i risvolti che subiranno coloro che ne saranno i destinatari. O, laddove considerati, messi da parte in nome di un egocentrico ideale.

La vera battaglia emotiva, oltre a quella degli sfortunati soldati, viene sottoposta agli spettatori attraverso la conferenza del Senatore nei confronti dell'opinione pubblica che, per quanto inquisitrice, si scopre a considerarsi parte di quello stesso meccanismo che ha partorito il mostro che adesso condanna. La giornalista ha la capacità di capirlo e (re)agisce di conseguenza facendo una scelta consapevole e non lasciandosi nuovamente risucchiare da quel vortice giornalistico che punta solo alla notizia. Queste sono scelte lodevoli e coraggiose e, a mio avviso, meritorie di stima.

Con questo non intendo farti piacere per forza il film, ma volevo sottoporti un punto di vista alternativo, una rielaborazione di ciò che hai visto per darti qualche spunto in più. :)

Anonimo ha detto...

Confesso che l'ho guardato solo con gli occhi e non con la mente. Dopo le tue parole mi è venuta voglia di rivederlo con un altro spirito. Chissà che anche io ci veda altro. a_a