domenica 13 gennaio 2008

Solitario



Solitario di una solitudine che imprigiona il cuore.
Questo è ciò che si respira nell’ennesima trasposizione cinematografica de “I am Legend”, romanzo di Richard Matheson del 1954, entrato nella leggenda a sua volta.
Siamo tra i confini della fantascienza post-apocalittica, dove tutto è stato perso e rimane solo un futuro da costruire. Un futuro, però, difficilmente immaginabile per Robert Neville (Will Smith), che si ritrova unico sopravvissuto umano a doverne costruire le basi. Intorno a lui solo creature, un tempo umane, che a causa di un virus si sono trasformate in una sorta di vampiri notturni, attirati unicamente dal sangue e allergici alla luce del sole. Nonostante questo, il protagonista – uno Smith serio e dai toni trattenuti nonostante il fisico imponente - ha la forza, la convinzione, la speranza, la fede e la fermezza di crederci, isolato in una città deserta resa benissimo dal set e dominante sulla vita di tutti i giorni; in situazioni del genere sono requisiti fondamentali per non lasciarsi andare ad una morte più facile. La vera resistenza messa in campo è quella psicologica, di chi non si arrende e continua a credere di poter cambiare le cose, di chi continua a cercare rapporti umani anche con chi umano non è – i manichini dei negozi ne sono la testimonianza -, per non dimenticare da dove viene e non lasciarsi tentare dalla follia, accompagnato da Sam, cane lupo sopravvissuto al disastro.
Nonostante la grandiosità dell’evento verificatosi, l’approccio agli avvenimenti è intimista, silenzioso, fatto di due o tre momenti che toccano le corde dell’emozione: l’appuntamento giornaliero al porto, Sam, e il messaggio di Bob Marley; ognuno di essi rappresenta un gesto d’amore per il prossimo, per la vita, e per la speranza.
La seconda metà del film, invece, è più fisica e con un finale che sarebbe stato meglio eliminare.
Voto: 7 ½

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Anche a me è piaciuto: mi sono commossa con Sam e alla fine, anche se quel finale costruito potevano risparmiarselo. Smith è in gamba, ogni volta si dimostra diverso e questo è ciò che un bravo attore deve saper fare.

Ciaooo,
Simo

Anonimo ha detto...

Ho letto il libro e devo dire che non è propriamente la stessa cosa. Come sempre, con le trasposizioni, si tende a strafare per colpire lo spettatore. La seconda parte ne è un buon esempio: mentre la prima resta avvolgente e affascinante, questa si trasforma in pura azione da videogioco. Il finale, poi...

by Ax ha detto...

@Paolo
Non sono avvezzo a fare paragoni tra libri e trasposizioni per non sminuire né l'uno né l'altro, ma capisco che si sia portati a farlo. A breve mi sono ripromesso di leggere Matheson per vivermi quella esperienza nella speranza di non cadere nel tranello di rivalutare il film. L'unica eccezione che mi potrei concedere in quel tipo di comparazione è sapere che l'autore è anche regista; ma anche in quel caso potrei essere indulgente, perché le due arti hanno approcci diversi nei confronti del pubblico.
Una grande verità, comunque, è che mi schiero quasi sempre dalla parte degli artisti e delle loro visioni. Se poi non si avvicinano ai capricci del pubblico, non me ne cruccio. Non mi riferisco a te che mi sei parso sobrio ed elegante nell'evidenziare la cosa.

Anonimo ha detto...

Anche se a volte gli artisti decidono di rifilarci schifezze per un tornaconto economico, mi schiero anche io dalla loro parte, quando meritevole. Appoggio il discorso sui paragoni quando scrivi che non si devono fare. Questa è una grande verità sottovalutata da molti che, per puro godimento personale, infarciscono le loro idee con aria fritta, condendola con riferimenti ad altro per rafforzare la tesi. Triste.
Tornando al tema principale, invece, devo dire che il film non mi ha soddisfatto molto, soprattutto nell'ultima parte. Questa ha avuto la sfrontatezza di ribaltare insulsamente quanto di bello era stato visto nella prima metà, desolata e malinconica, e sfoderare un finale rassicurante per gente priva di immaginazione.
Smith è bravo, bello, forte, atletico, dinamico, dannatamente nero. Difficile volare basso quando hai queste caratteristiche, ma c'è riuscito.

Baci,
Annalisa.

by Ax ha detto...

@Annalisa
Mi sembra siamo sulla stessa lunghezza d'onda, con l'unica differenza che non mi sono lasciato scoraggiare dalla seconda parte. Ho mantenuto le sensazioni della prima e le ho elevate rispetto alla totalità, tralasciando il finale che ho rimosso. :)

Anonimo ha detto...

Ax, che diavolo di film è mai questo? È un incrocio tra qualcosa che vuole essere e qualcosa che non lo sarà mai? A parte gli scherzi, non mi è piaciuto: lento, lento, lento.

by Ax ha detto...

@Mario
la lentezza non la vedo come discriminante negativa per un film, tanto più se quello in questione parte da un presupposto di solitudine e desolazione. Come dicevo, la prima parte del film è intimista ed è quella che ho ritenuto essere più incisiva. Il resto è spettacolo per gli occhi, ma di tracce ne lascia pochine.
A questo punto, ti consiglierei di vedere Die Hard 4: pessimo per i miei gusti, ma l'azione è notevole. :)