domenica 25 novembre 2007

Una stanza per ricominciare



Mike Enslin (interpretato dal sempre ottimo John Cusack) è uno scrittore che si diverte a smascherare le cosiddette presenze soprannaturali. Si presenta nelle località dove la leggenda vede qualche fantasma, spirito o entità di qualsiasi natura, e sistematicamente ne sviscera l’inconsistenza. Questo è quello che fa per campare, una sorta di gioco col destino a chi dice l’ultima parola.
Un’anonima cartolina con un messaggio a proposito di un numero di stanza d’albergo, la 1408 (che, per inciso, fa 13), gli stuzzica la curiosità e decide di provare anche questo passatempo nonostante l’incontro con il direttore (Samuel L.Jackson) sia teso a scoraggiarne l’esperimento.
Ha inizio l’incubo concentrato in una semplice ora scandita da sessanta interminabili minuti.

Seppur il rivelatore incontro tra direttore e scrittore, - qui un plauso ai doppiatori che rendono bene il carisma del primo contrapposto al cinismo del secondo -, faccia presagire pathos tra le parti, il film è incentrato interamente sul protagonista, aiutato dal senso claustrofobico dei muri di una stanza d’albergo; sempre che di muri si possa parlare.
Lo scetticismo di Mike viene minato da una serie di piccole irrealtà che cominciano a far slittare le sue certezze verso un livello al quale non è abituato. La stanza si impossessa sempre più della sua vita, svuotandolo di se stesso e riempiendolo di se stessa, e ne ribalta le prospettive.
Ci si trova di fronte ad un uomo smarrito in lotta con i suoi dolori e le sue paure nascoste in fondo all’animo, mai domate e con le quali dover trovar un modo per convivere, rappresentate dalle allucinazioni che lo violentano fino alla fine; una fine indissolubilmente legata al suo passato.
Le tematiche predominanti di Stephen King, dal quale è tratto il soggetto, ci vengono mostrate in tutte le loro sfaccettature; la loro rappresentazione è, appunto, una rappresentazione per chi non fosse in grado di coglierne l’essenza.
Il finale ci restituisce l’incubo trasformato in sogno, anche se il mini-registratore la pensa diversamente.      Voto: 6½


5 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi è piaciuto. Il senso di sventramento delle emozioni si sente e Cusack è bravo. Sguardo sornione, ma intenso.

by Ax ha detto...

Sventramento mi piace: in fondo è esattamente quello che succede a Mike. Quando capita si presentano due soluzioni: o muori o sopravvivi, cambiato. Chissà quale sceglierà il nostro buon scrittore? :)

Anonimo ha detto...

Bello... mi sono divertito ad avere paura. In fondo è quello che capita a tutti, senza la rappresentazione fisica della stanza, quando affrontiamo o scappiamo dalle nostre paure. Magari la parte divertente l'apprezziamo in là col tempo, ma se si riesce a riderne significa che siamo a buon punto.
Ciaoooo

Anonimo ha detto...

Sergio, concordo.
La paura è un sentimento che appartiene all'umanità tutta, rappresentata in svariate forme: l'unica differenza è l'oggetto della paura.
In questo caso il protagonista teme il suo passato e i ricordi che ne scaturiscono, trasformandolo in un personaggio al quale il cinismo ha sottratto una grossa fetta di umanità.
Non è affatto facile guardarsi allo specchio e riconoscere i propri limiti. Solitamente ci si racconta qualche balla per tirare avanti, ma, come il buon King insegna, prima o poi ci arriva il conto.

Anonimo ha detto...

"Solitamente ci si racconta qualche balla per tirare avanti, ma, come il buon King insegna, prima o poi ci arriva il conto."
Giusto, è molto più facile scegliere di pensarci come persone sane e senza macchia piuttosto che incrinare la superficie mostrando la nostra fallacia.
E pensare che apparteniamo tutti alla stessa famiglia!!!

Simona.